Grande Era Onirica

Grande Era Onirica

Si dice che siano le malattie del secolo, ansia e depressione. C’è un gran dire “ho l’ansia”, “mi è venuto il panico”, “ho avuto un attacco di panico”; ma quante persone possono davvero dire di essere depresse, di aver sperimentato sulla loro pelle quella sensazione inaspettata e immotivata di paura, quasi di svenimento, di paralisi dell’attacco di panico? Cosa vuol dire essere depressi, e cosa comporta? Per fortuna per loro, la maggior parte delle persone usa questi termini in modo improprio e iperbolico, scambiando un po’ di tristezza e tensione per depressione e disturbo d’ansia.

Se ne sente parlare tanto, ma quando si va più in fondo alla questione viene a galla lo spinoso discorso dei farmaci e dello stigma sociale che questo tipo di malattie comporta.

“Dovrebbe uscire di più, sforzarsi”. “Dovrebbe darsi una calmata”. “Che motivo c’è di essere tristi?”. Il motivo è che quella persona ha un disturbo, una malattia: il suo cervello non riesce a produrre più serotonina, e necessita di medicinali che svolgano questo compito.

Grande Era Onirica, il libro di Marta Zura-Puntaroni, affronta questo argomento con estrema profondità e accuratezza, senza mai cadere nella tentazione di raccontare la situazione mitizzandola.

Ho iniziato a leggerlo in una pigra domenica mattina, e ne sono rimasta completamente avvolta, fino a divorarlo tutto in un giorno. Marta ha 26 anni, vive da sola a Siena, dove ha studiato Lettere e si è laureata in letteratura ispanoamericana. Conduce una vita sregolata, tra un amore quasi irrazionale per un uomo molto più grande, l’Altro, la vita da studentessa, la biblioteca, le sedute dalla psicoterapeuta e un unico grande faro a fare luce costante nella sua vita complicata: l’amicizia con la Ste, nata quasi per caso.

Marta si muove tra sogno, incubo e realtà tra una Grande Era Onirica e l’altra, ovvero tra un momento di crisi e l’altro. Le sue Grandi Ere Oniriche segnano le sue dipendenze e le sue lotte interiori (le sigarette, il Martini, gli psicofarmaci). È un’autolesionista emotiva, Marta; in un continuo salto temporale tra passato e presente ci racconta della sua durissima battaglia con la depressione, l’ansia, il bipolarismo, sempre affiancata da due figure che assumono quasi contorni celestiali: la psicoterapeuta (l’Hippy) e lo psichiatra (lo Junghiano).

Come mai ogni cambiamento mi segna in maniera così irreversibile, mi lascia così priva di energia, ha bisogno di anni per essere assorbito e accettato, perché tutto mi sembra irrecuperabile?

È stata definita la voce di una generazione, quella di Marta Zura-Puntaroni; io personalmente la ritengo la voce coraggiosa di tutti quelli che ogni giorno combattono con i propri mostri interiori, che sanno di cosa parlano quando pronunciano le parole ansia, depressione, psicofarmaci, psichiatra, perché ci sono passati sulla loro pelle. Molto spesso ci si vergogna di parlare liberamente di questo argomento, come se ci fosse differenza tra avere una condizione medica come l’emicrania e una come la depressione. Cosa ci porta a nasconderci, vergognarci, isolarci, seppellirci in casa? Libri come quello di Marta Zura-Puntaroni sono un passo avanti per la consapevolezza collettiva nei confronti di certi temi: per questo dovrebbero essere letti da più gente possibile.