Trema la notte

Trema la notte

Messina e Reggio Calabria, 1908. Da un lato all’altro dello Stretto, la vita scorre in un’immobilità atavica, tra profumo al bergamotto e matrimoni combinati.

A Messina una giovane donna, Barbara, si è ribellata al padre che la vuole moglie di un uomo che non ama, e scappa dal suo paese, Scaletta, per raggiungere la nonna, con cui condivide gli interessi (la lettura, l’opera) e i valori di una vita più libera.

A Reggio invece il piccolo Nicola, undicenne, è preda degli istinti iperprotettivi della madre, che per non farlo portare via dal diavolo, di notte lo chiude in cantina legato a un catafalco.

Le vite dei due personaggi, così come quelle di tutti gli abitanti dello Stretto, cambiano di colpo quando un fortissimo terremoto una notte si abbatte su tutta la zona. Chiuso nella sua cantina, Nicola è l’unico della sua famiglia a salvarsi, e si sente libero per la prima volta nella sua vita. Anche Barbara sopravvive alla nonna, e cerca aiuto come può, coprendosi coi vestiti che trova nelle cassettiere che affiorano dalle macerie, chiacchierando con altre superstiti rimaste sole al mondo.

Imbarcatosi su una nave diretta a Messina, nella speranza che lì la situazione sia migliore, Nicola incontra Barbara per pochi indimenticabili minuti: sulla nave, infatti, succederà qualcosa che cambierà la vita di entrambi.

Trema la notte è un libro sulla solitudine, sulla solidarietà, sulla sorellanza femminile. Affiora tanto anche il senso di colpa dei due protagonisti, che prima del terremoto si sentivano in prigione, e che pagano la loro libertà con un prezzo carissimo, fatto di morte e distruzione.

È un romanzo a due voci, scritto benissimo. La scrittura di Nadia Terranova mi rapisce, mi tiene incollata, è musicale, piacevole. Quello che avrei voluto è saperne di più di Barbara, Nicola, Jutta e Sabina. Molto di più.