A metà tra flusso di coscienza e romanzo di formazione, Acqua salata è il primo romanzo dell’inglese Jessica Andrews ed è una bellissima sorpresa. La 25 enne Lucy molla la vita che aveva sempre inseguito a Londra, tra feste, lezioni universitarie di letteratura, lavori precari come cameriera e si trasferisce nella casa del nonno nel Donegal, Irlanda.
Da qui ripercorre la storia della sua vita in un diario nel quale appunta riflessioni varie, in ordine sparso, rivolgendosi a una seconda persona che in prima battuta non capiamo bene chi sia (ma che si capisce poi essere la madre), e racconta la propria infanzia, il rapporto tra i genitori, coi nonni e come abbiamo deciso di scappare da una piccola cittadina a nord est dell’Inghilterra per correre dietro alle luci di Londra e alle promesse della grande città.
Partiamo dalla madre, l’amatissima madre. Una donna vera, che permea tutta la narrazione. Anche quando non c’è, Lucy la usa come metro di paragone, cerca somiglianze, cerca risposte, trova parti di sé e significati nascosti. Il rapporto con la madre è ottimo, molto saldo, nonostante tutte le difficoltà tra i genitori: il padre è un alcolizzato, una persona instabile e suo malgrado viene presto lasciato dalla moglie.
Sarei sempre stata nella sua orbita, avvicinandomi e allontanandomi, mentre lei controllava silenziosamente le maree, ancorandomi a qualcosa mentre l’universo si espandeva fuggendo sempre più da noi.
Un fratello più piccolo che nasce tra mille difficoltà e si scopre poi essere sordo; un’adolescenza turbolenta come quella di molti di noi, a caccia del proprio io passando da vestiti di dubbio gusto, qualche sbronza, il primo amore, le amiche più fidate.
E infine, il Donegal: la terra dei ritorni della famiglia di Lucy, dove il nonno si ritira alla morte della moglie, e muore lasciando vuota la casa di famiglia. Lucy decide di staccare dalla frenesia di Londra, dai suoi locali alla moda, dal suo sentirsi sempre nel posto sbagliato e si rifugia in una terra fatta di verde e di acqua salata freddissima, nella quale fare bagni che rendono le dita viola e che, alla fine, la fanno sentire davvero viva di nuovo e in contatto con se stessa.
Ho trovato molto interessanti le parti di pura riflessione, con gli appunti di Lucy sugli eventi, sulle sensazioni e le emozioni. Mi sono ritrovata a sottolinearne diverse perché le sentivo davvero mie; a metà tra i personaggi di Sally Rooney, ma con atmosfere un po’ più riflessive, e Fleabag, ma molto meno nel posto sbagliato al momento sbagliato. Molto consigliato.
Spesso di sera, dopo cena, vado al mare. Mi piace camminare per i campi bui senza torcia, invisibile nel mio maglione nero. Le ansie che mi affiorano sottopelle durante il giorno sembrano meno importanti quando guardo la distesa d’acqua, bruna e viscosa come Coca-Cola.